Con la sentenza n. 16333/2023 la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha affrontato una questione estremamente attuale circa la possibilità per il giudice penale di discostarsi dalla determinazione dell’imposta evasa ricalcolata in sede di accertamento, motivando le ragioni di suddetta decisione. La pronuncia sopra citata origina dalla richiesta di riduzione del valore del sequestro preventivo disposto nei confronti di un imprenditore, il quale era stato indagato per dichiarazione fraudolenta attraverso fatture inesistenti ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. 74/2000.
Il calcolo del profitto del reato era stato individuato attraverso l’imposta asseritamente evasa indicata inizialmente nel PVC. In seguito, il contribuente aveva richiesto un accertamento con adesione all’Agenzia dell’Entrate, la quale riduceva il quantum di imposta asseritamente evasa applicando una percentuale di redditività più bassa.
In sede penale, veniva quindi richiesta la riduzione del sequestro, che però non veniva accolta. Successivamente, veniva impugnata la decisione di rigetto sul quale si esprimeva la Corte di Cassazione ritenendo ammissibile il ricorso e rinviando al Tribunale del Riesame per una nuova valutazione.
In sede di riesame, però, il Tribunale confermava l’importo del sequestro, in quanto l’Agenzia dell’Entrate non aveva messo in discussione la falsità delle fatture, ma aveva unicamente applicato gli indici medi di redditività abbattendo quindi l’imposta evasa. Il Tribunale confermava quindi la quantificazione originaria.
Di nuovo, il contribuente ricorreva in Cassazione, ritenendo illegittimo l’esito a cui era giunto il Tribunale del Riesame. Questa seconda volta, la Suprema Corte rigettava il ricorso ritenendolo inammissibile, poiché lo scrutinio richiesto non era tra quelli consentiti al giudice di legittimità. Infatti, quest’ultimo può pronunciarsi soltanto per violazione di legge che – tuttavia – nel caso di specie la Cassazione non ritenne integrata. Infatti, “il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa è rimesso al giudice penale, al quale spetta di compiere una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata in sede amministrativa o dinanzi al giudice tributario”, con l’obbligo di motivare con elementi rilevanti la quantificazione effettuata.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che tale motivazione fosse immune da vizi. Sul tema del rapporto tra accertamento amministrativo e decisione penale, il Ddl di delega n. 1038 (presentato il 23 marzo 2023),nello specifico l’art. 18 comma 1, prevede una revisione del sistema sanzionatorio, penale e amministrativo, in materia di imposte sui redditi, di imposta sul valore aggiunto (IVA),di altri tributi erariali indiretti, nonché́ di tributi degli enti territoriali.
La norma di delega si divide in particolare in tre “blocchi” di norme in cui:
- Il primo blocco tratta gli aspetti comuni delle sanzioni amministrative e penali. Da questo punto di vista, la recente evoluzione della giurisprudenza sul principio materiale e processuale del ne bis in idem richiede anzitutto l'integrazione delle sanzioni amministrative e penali tributarie. Allo stesso tempo, occorre riesaminare il rapporto tra diritto penale e diritto tributario, adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di impunità e circostanze attenuanti all'effettiva durata del rimborso del debito tributario, anche nella fase pre-crimine. Inoltre, l'obiettivo è quello di implementare volontariamente un efficace sistema di identificazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale ai sensi del D.lgs. n. 128 del 2015, e il fatto che le società che non hanno i requisiti per ottemperare all'istituto della cooperative compliance sono importanti per chiudere o ridurre il potenziale rischio fiscale.
- Un altro gruppo di norme riguarda le sanzioni penali. A questo punto, si vorrebbe dare particolare rilievo all'ipotesi di impossibilità del pagamento dell'imposta, che non dipende da circostanze causate dal contribuente stesso, al fine di evitare conseguenze penali per il contribuente. anche se viene dichiarato non colpevole. In secondo luogo, si vuole dare particolare rilievo alle definizioni raggiunte in ambito amministrativo e giudiziario, quando si valuta la rilevanza penale del fatto.
- Il terzo blocco di norme riguarda le sanzioni amministrative.
Interessante sarà verificare se il legislatore competente riterrà vincolante l'accordo stipulato con l'amministrazione finanziaria, oppure se sarà sufficiente la speciale motivazione del giudice penale per discostarsene.
Se si sceglierà questa seconda soluzione, come sembra probabile la situazione preesistente verrà formalizzata in legge e quindi cambierà ben poco.
® Cagnola & Associati Studio Legale
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