Dichiarazione infedele anche con i quadri lasciati in bianco

Dichiarazione infedele anche con i quadri lasciati in bianco

  • Carlo De Monte

La Suprema Corte, con sentenza n. 18532, ha stabilito che ai fini della configurabilità del delitto di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 D. Lgs. 74/2000, anche in caso di omissione dei dati numerici nei quadri, occorre comunque verificare il superamento della soglia del 10% di cui alla lettera b) della suddetta disposizione. Più precisamente, nell’ottica della Suprema Corte, i dati non indicati nei quadri devono essere considerati in senso negativo e quindi di conseguenza la soglia sarà sempre superata. Peraltro, la dichiarazione con i quadri in bianco ai fini penali non integrerà un’omessa dichiarazione ma – qualora ricorrano i presupposti – una dichiarazione infedele.

Nel caso di specie, un imprenditore aveva presentato la dichiarazione omettendo la compilazione di alcuni quadri relativi anche all’imponibile delle fatture emesse. L’imponibile veniva comunque quantificato attraverso alcuni controlli effettuati presso i fornitori. Dato che le somme non dichiarate, in termini di imposta evasa, superavano la soglia di punibilità prevista dalla legge, il contribuente veniva chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 4 del D. lgs. 74/2000.

Il Tribunale assolveva l’imputato poiché, nonostante l’imposta evasa fosse superiore a € 100.000,00 (art. 4 del D. lgs. 74/2000, lett. a)),veniva rilevato il mancato superamento della seconda soglia prevista dall’art. 4 del D. lgs. 74/2000, lett. b) che prevede che “l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni”.
Nel caso di specie le somme non dichiarate - in valore assoluto - non superavano i due milioni e, stante l’omessa indicazione di elementi attivi in dichiarazione, non poteva ritenersi superato il 10% richiesto dalla norma.

La Corte di appello, accogliendo l’impugnazione presentata dal Procuratore Generale, riformava la sentenza e condannava il contribuente sul presupposto che fermo restando il superamento della prima soglia, nel caso di specie doveva ritenersi integrata anche la seconda soglia di punibilità, posto che “negli atti relativi all’attività di accertamento, era riportato il reddito imponibile, pari a zero, risultando altresì provata la mancata compilazione della dichiarazione nelle sue parti essenziali, tra cui quella relativa all'Iva: dunque, mancando nella dichiarazione pur formalmente inoltrata l'indicazione di elementi attivi, doveva ritenersi certamente superata anche la soglia di punibilità ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 lettera b”.

Nel ricorso per Cassazione, l’interessato censurava l’errata determinazione della soglia del 10% prevista dalla lettera b) dell’art. 4 del D. lgs. 74/2000.

La Corte di Cassazione rigettava tale motivo di ricorso, sul presupposto che la decisione della Corte d’Appello fosse del tutto immune da censure.

Affermava la Suprema Corte “la mancata compilazione delle voci della dichiarazione riguardanti elementi essenziali ai fini della determinazione complessiva del reddito e dei conseguenti importi dovuti a titolo di imposte non può essere qualificata come una condotta neutra, contribuendo al contrario a delineare la infedeltà della dichiarazione fiscale, essendo di fatto assimilabile a una dichiarazione negativa l'omessa compilazione delle singole voci concernenti il valore del reddito imponibile e dell'Iva”.

I giudici hanno poi chiarito che non era possibile una riqualificazione dell’illecito in omessa dichiarazione in quanto “in quanto l'esaustiva individuazione normativa della condotta incriminata, consistente nella mancata presentazione della dichiarazione agli uffici competenti, non è suscettibile di lettura analogica, che si porrebbe in contrasto con il principio di legalità”.

 

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