La messa alla prova può essere concessa anche nel caso in cui la persona offesa non sia stata espressamente sentita purché abbia partecipato attivamente al processo.

La messa alla prova può essere concessa anche nel caso in cui la persona offesa non sia stata espressamente sentita purché abbia partecipato attivamente al processo.

  • Francesca Peverini

La sentenza in esame questa settimana (Cass. pen., Sez. V, n. 19931/2023) riguarda un istituto processuale oggetto di modifiche (rectius estensione di applicabilità) da parte della nota Riforma Cartabia: l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova.
 
Ebbene, la vicenda giudiziaria che ha determinato l’intervento degli ermellini è assai semplice: un giudice ha disposto con ordinanza, fuori udienza, la sospensione del procedimento con messa alla prova senza prima aver provveduto all’audizione della persona offesa, costituitasi parte civile.
 
La ricorrente, parte civile, richiedeva pertanto l’annullamento dell’ordinanza per violazione dell’art. 464-quater c.p.p. richiamando a proprio sostegno una precedente sentenza della stessa Corte (n. 26205/2022).
 
La Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato per seguenti motivi.
 
In primo luogo, la Corte ha sottolineato come il precedente richiamato dalla ricorrente riguardava un caso in cui la persona offesa si era presentata in udienza e aveva espressamente chiesto di essere sentita, il giudice non aveva tenuto conto della sua richiesta e aveva ammesso l’imputato alla messa alla prova (circostanza non verificatasi nel caso di specie); in aggiunta, la Corte ha evidenziato che l’art. 464 – quater c.p.p. laddove prevede che il giudice debba sentire le parti e la parte offesa “appare dettatoa tutela dell’integrità del contraddittorio e della conseguente necessità di acquisire e valutare i contrapposti interessi coinvolti nel procedimento”.
 
Individuata la ratio della norma asseritamente violata, la Suprema Corte ha affermato che la stessa debba essere calata nel caso concreto, richiamando per altro una sua precedente pronuncia in cui era stato dichiarato inammissibile un ricorso – simile a quello oggetto di analisi – in quanto in quel caso la persona offesa aveva “partecipato attivamente al procedimento rappresentando il suo interesse al risarcimento” (Cass. n. 39655/2016).
 
Ebbene, nel caso concreto, gli ermellini hanno ritenuto che non è possibile ritenere che la persona offesa sia stata privata del diritto al contradditorio poiché la stessa si era costituita parte civile, era presente in udienza, aveva argomento all’interno di una memoria la ritenuta insufficienza del risarcimento e si era difesa oralmente.
 
Una lettura del genere, a dire della Corte, sarebbe ancora più necessaria proprio alla luce della c.d. Riforma Cartabia che non soltanto ha esteso l’operatività dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova anche a reati di maggiore gravità, ma ha anche previsto un potere di sollecitazione da parte del pubblico ministero, che può persino farsi promotore della proposta di ammissione della persona sottoposta ad indagini alla messa alla prova: in tal caso è previsto che alla persona offesa venga semplicemente dato un avviso della facoltà di depositare una memoria.

 

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