Il 19 giugno 2018 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la quinta Direttiva antiriciclaggio (la “Direttiva”) relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.[1] Nell’ambito del rafforzamento della lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo, e con particolare riferimento al potenziale uso improprio delle valute virtuali (in ragione del loro pseudo anonimato) per finalità criminose, l’UE ha aggiunto due settori di attività riferiti al mondo delle criptovalute alla lista delle entità tenute ad aderire alla Direttiva.
In particolare, le nuove entità obbligate sono: (1) i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso forzoso; e (2) i prestatori di servizi di portafoglio digitale (ossia entità che offrono servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali).
Pertanto, alla luce della quinta Direttiva, i prestatori di servizi di cambio di criptovalute e i prestatori di servizi di portafoglio digitale saranno tenuti ad adottare tutti i provvedimenti previsti dalla Direttiva medesima.
In primo luogo, dovranno adempiere alle misure di adeguata verifica della clientela. Saranno inoltre tenuti a monitorare le transazioni e segnalare quelle sospette. Inoltre, i prestatori di servizi di cambio e i prestatori di servizi di portafoglio digitale dovranno conservare tutta la documentazione in forma completa.
Va altresì rilevato che la Direttiva contiene al suo interno una definizione di valute virtuali. In essa si specifica infatti che le valute virtuali non dovrebbero essere confuse:
- con la moneta elettronica (definita all’articolo 2 della Direttiva 2009/110/CE come “il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento ai sensi dell’articolo 4, punto 5, della Direttiva 2007/64/CE e che sia accettato da persone fisiche o giuridiche diverse dall’emittente di moneta elettronica”);
- con i concetti di “fondi” di cui all’articolo 4, punto 25, della Direttiva (UE) 2015/2366 (“banconote e monete, moneta scritturale e moneta elettronica ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della Direttiva 2009/110/CE”);
- con il valore monetario memorizzato su strumenti esentati come specificato all’articolo 3, lettere k) e l) della Direttiva (UE) 2015/2366; e
- con le valute di gioco che possono essere utilizzate esclusivamente all’interno di un determinato ambiente di gioco.
Inoltre la Direttiva indica che le criptovalute possono essere utilizzate per molti scopi diversi (non solamente come modalità di pagamento ma anche come mezzo di scambio, investimento, come prodotti di riserva di valore o in casinò online) e specifica che “l’obiettivo della Direttiva è coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali”.
Per concludere, la Direttiva definisce le valute virtuali come “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.
Ovviamente gli Stati membri dovranno aderire alla quinta Direttiva entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della medesima.
Vale la pena notare che l’Italia, nell’attuazione della quarta Direttiva antiriciclaggio, aveva già introdotto i prestatori di servizi di cambio di valute virtuali nella lista delle entità tenute ad aderire alla Direttiva relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
Il Decreto legislativo n. 90/2017, che recepisce in Italia la quarta Direttiva, contiene una definizione di prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale. L’articolo 1, infatti, descrive tali fornitori come “ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all'utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla conversione da ovvero in valute aventi corso legale”.
Ad ogni modo, l’articolo 3 limita l’applicabilità della Direttiva ai “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso” (cd. “exchanger”).
Alla luce di quanto sopra, i prestatori di servizi di cambio in Italia sono già tenuti ad aderire alle misure antiriciclaggio. Va rilevato che il mancato adempimento degli obblighi in materia di antiriciclaggio può essere considerato un reato penale ai sensi dell’articolo 55 del Decreto legislativo n. 231/2007 recentemente emendato dal Decreto legislativo n. 90/2017.
La disposizione citata punisce unicamente le violazioni gravi perpetrate con modalità fraudolente, ad esempio:
- violazione dei requisiti di adeguata verifica della clientela tramite la falsificazione dei dati e delle informazioni sul cliente o l’utilizzo di tali dati;
- violazione dell’obbligo di archiviazione dei dati tramite l’acquisizione di dati falsi o informazioni non veritiere o la perpetrazione di frodi finalizzate a pregiudicare la corretta conservazione dei dati;
- violazione dell’obbligo di fornire dati e informazioni per l’adeguata verifica della clientela tramite omissione o fornitura di dati falsi; e
- comunicazione a terzi dell’avvenuta segnalazione di un’operazione sospetta.
Va inoltre rilevato che il Decreto legislativo n. 90/2017 ha introdotto il requisito di iscrizione in uno specifico registro per poter svolgere attività di scambio. Ne consegue che l’esercizio abusivo dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso legale è punita con sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 17-bis del Decreto legislativo n. 141/2010.
Contributo di Riccardo Lucev e Federico Boncompagni