Spesso mi viene chiesto quale sia, negli ultimi quindici / venti anni, il settore del mercato legal che abbia subito i maggiori e più significativi cambiamenti. Ebbene, anche se forse la risposta potrebbe sorprendere, sono sinceramente convinto che il settore che si è evoluto, che è cambiato di più non è affatto quello degli avvocati – ovvero, di una determinata practice –, bensì quello dei legali interni delle aziende.
Quando iniziai il mio percorso professionale, ricordo con chiarezza che il mondo dei legali interni non era affatto come è oggi. Anche nelle multinazionali più grandi e strutturate, non era infrequente incontrare figure estremamente ibride dal punto di vista professionale, sovente prive di una specifica e solida preparazione giuridica, anzi spesso applicate ad uffici legali pur provenienti da settori profondamente diversi (in certi casi, persino da quello commerciale). In altre parole, una volta mancava – almeno su larga scala e con l’eccezione di alcune imprese che avevano iniziato a “guardare lontano” in anticipo sui tempi – un ufficio legale propriamente detto, dotato di competenze specifiche.
Questa situazione aveva conseguenze molto significative. Da una parte, per gli avvocati questo quadro determinava frequentemente la mancanza di un interlocutore preciso con cui gestire la causa, con cui condividere le scelte e la strategia, ma anche cui chiedere supporto in caso di bisogno (documenti, testimonianze, informazioni, ecc.). Non è un caso che, all’epoca, gli avvocati fossero soliti interloquire, ad esempio, direttamente con il direttore di stabilimento o con l’amministratore, anziché con il responsabile dell’ufficio legale. Dall’altra parte, per i legali interni ciò significava una totale esternalizzazione dei servizi legali. Spesso, l’ufficio legale non faceva altro che smistare pratiche ai consulenti esterni, senza gestire direttamente un solo passaggio della questione giuridica (giudiziaria o consulenziale che fosse). Infine, le società dovevano sopportare un elevato costo relativo, per l’appunto, alla esternalizzazione integrale dei servizi legali, senza riuscire ad avere, peraltro, alcun reale controllo (e talvolta anche una piena trasparenza) del tipo e della qualità del servizio reso dall’avvocato esterno.
Ma negli ultimi quindici anni circa, come dicevamo, questo mondo ha vissuto una rivoluzione copernicana.
Non è esagerato affermare, a mio avviso, che oggi il settore dei legali interni delle società ha subito una autentica “impennata” verso l’alto, soprattutto in termini di qualità. Le società – specie quelle che sono parti di gruppi multinazionali – si sono dotate di articolati e solidi uffici legali, all’interno dei quali confluiscono soggetti altamente selezionati, con specifica preparazione giuridica, e spesso provenienti da passate esperienze in studi legali di alto livello. Questi dipartimenti, peraltro, hanno una ricca diversificazione interna – a seconda delle dimensioni dell’impresa –, con figure dedicate a specifici rami dei diversi temi legali societari: contenzioso, commercial & IP, compliance, tax, e altri ancora.
La “rivoluzione” di cui stiamo parlando ha avuto effetti molto incisivi proprio sul quadro che abbiamo tratteggiato in precedenza. Oggi la società non esternalizza più l’intera gamma dei servizi legali ad essa necessari, ma, al contrario, li ha internalizzati in grande parte, determinando – a parere di chi scrive – un effetto virtuoso, ovvero la “esternalizzazione di ciò che è veramente necessario esternalizzare”. Detto diversamente, il coinvolgimento dell’avvocato esterno avviene solo per questioni veramente delicate e serie, per le quali il suo intervento è irrinunciabile anche per ragioni di governance interna. Ancora, il mutato quadro dovrebbe determinare un aumento della “qualità media” anche tra i professionisti di cui le società si avvalgono: gli avvocati, oggi, hanno di fronte a loro un interlocutore preparato, che parla la loro stessa lingua e che è in grado di valutare il tipo, la bontà e la correttezza del servizio reso.
Chi scrive è avvocato penalista e considera il cambiamento del mondo degli uffici legali interni delle società una straordinaria miglioria ed una formidabile risorsa. Nel mondo del diritto penale di impresa – con le sue estreme delicatezze e difficoltà – il legale interno si è di fatto trasformato in un partner insostituibile per l’avvocato esterno. Un vero e proprio “alleato” nella società, una spalla con cui confrontare le scelte processuali, la strategia, con condividere la costruzione della difesa, dalla raccolta delle prove alla selezione degli argomenti. Ma anche un irrinunciabile punto di riferimento per il dialogo con le altre funzioni societarie eventualmente collegate alla vicenda (come H&R, antifrode, ecc.). Non esito a ritenere che i processi penali nei quali sono stati raggiunti i risultati migliori sono proprio quelli in cui si è potuto contare sull’aiuto di un valido in-house counsel, che ha coadiuvato l’avvocato nella gestione della causa.
Insomma, general counsel, senior legal counsel, chief compliance officer, e tanti altri sono i nuovi, indiscussi protagonisti dell’attuale mercato legale. Quando – ormai, molto raramente – mi capita ancora di incontrare una società priva di una funzione legale interna, il paragone diventa impietoso. Non vi sono dubbi che, su questo versante, le cose sono decisamente cambiate in meglio.
Articolo pubblicato sul magazine "Forbes", novembre 2022
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