Nesso di causalità nell’imputazione per omicidio colposo: il mesotelioma pleurico da esposizione ad amianto e l’effetto acceleratore

Nesso di causalità nell’imputazione per omicidio colposo: il mesotelioma pleurico da esposizione ad amianto e l’effetto acceleratore

  • Roberto Soardi

Con sentenza n. 44349 depositata il 6 novembre 2023, la IV sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata su un delicato caso di omicidio colposo che ha visto coinvolti alcuni ex vertici della marina militare per la morte di sette marinai per mesotelioma pleurico.
Nello specifico, la Corte di Appello di Venezia aveva affermato la responsabilità dei predetti soggetti, riconosciuti titolari di posizioni di garanzia nei confronti delle persone offese, ritenendo decisiva la teoria del c.d. “effetto acceleratore”.
Stando a tale teoria, la cui decisività nel caso di specie era stata affermata all’esito di una perizia collegiale, l’esposizione duratura a fibre cancerogene ha un effetto cumulativo, che favorisce l’accelerazione dei passaggi nel processo di cancerogenesi.
Avverso la sentenza della Corte di Appello è stato quindi avanzato ricorso per Cassazione dall’Avvocatura Generale dello Stato nell’interesse degli imputati e del responsabile civile, adducendo a sostegno diversi motivi.
Tra questi, si segnala in particolare quello secondo il quale i giudici della Corte Territoriale avrebbero omesso di considerare la valenza nel caso di specie della teoria dell’effetto acceleratore, attribuendo a tale tesi valore di legge universale.

Ebbene, con la sentenza in commento la Cassazione ha messo in luce la fallacia del ragionamento elaborato dalla Corte di Appello di Venezia, specificando come la tesi dell’effetto acceleratore abbia, invero, un “indiscusso carattere statistico-probabilistico”.
Naturalmente, spiega la Corte, non è da escludersi che una legge di carattere probabilistico possa essere utilizzata per argomentare in merito all’esistenza del rapporto causale intercorrente, nel caso di specie, tra l’esposizione agli agenti cancerogeni e lo sviluppo della malattia.

Tuttavia, la Cassazione chiarisce che “il giudice non può affermare la sussistenza, nel caso sottoposto al suo esame, di una sicura relazione causale tra un fatto ed un evento, anche se statisticamente occorrente nel 90% di casi analoghi (probabilità statistica); tale dato, infatti, esprime il coefficiente numerico della relazione tra una classe di condizioni ed una classe di eventi ma, di per sé, non implica che la relazione causale presa in considerazione si sia effettivamente realizzata nel caso concreto oggetto di esame: sappiamo solo che, statisticamente, in 90 casi su 100, a parità di condizioni, si può verificare la relazione causale ipotizzata, ma non sappiamo se tra i 90 casi vi possa rientrare proprio quello che riguarda la vicenda concreta oggetto di valutazione”.

Sarebbe stato necessario, invece, compiere un’ulteriore valutazione di tipo induttivo attraverso una compiuta analisi delle peculiarità del caso concreto.
Solo laddove i riscontri fattuali del caso specifico “corroborano l’ipotesi fondata sulla generalizzazione probabilistica”, il giudice potrebbe affermare la sussistenza del nesso causale.
Ebbene, secondo la Cassazione nel caso di specie la Corte di Appello di Venezia ha del tutto confuso la nozione di tasso di incidenza probabilistico con quella attinente all’effetto di accelerazione della insorgenza e progressione della malattia.

In altre parole, la Suprema Corte evidenzia che “la Corte di merito ha dimostrato di essere consapevole del fatto che la tesi dell'effetto acceleratore costituisce un elemento fondamentale per rendere causalmente rilevanti, indistintamente, tutte le esposizioni dei lavoratori ad amianto nei vari sub-periodi in cui si sono succeduti gli imputati [...]. Tuttavia, la motivazione offerta sul punto dai giudici di appello è largamente carente, illogica e non rispettosa degli insegnamenti della Corte di legittimità in tema di accertamento del nesso di causalità, con specifico riferimento alla necessaria verifica dell'inveramento del ripetuto effetto acceleratore a livello di causalità individuale”.

Pertanto, la Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

 

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