Il credito di imposta introdotto dal c.d. Superbonus è uno strumento fiscale che può generare rischi penali particolarmente significativi. La disciplina è nota: la detrazione, nella misura del 110%, è prevista per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022. Tale previsione è valida per una serie di interventi di natura energetica o edilizia, espressamente previsti dal legislatore, a condizione che gli interventi stessi consentano un miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio (o comunque il raggiungimento della classe più alta) e che i medesimi siano “asseverati”, sul piano tecnico, da tecnici abilitati circa il rispetto delle condizioni imposte dalla normativa.
Le ragioni che hanno spinto il legislatore a questo intervento sono evidenti. Il Superbonus si pone – o meglio, vuole porsi – come un mezzo di rilancio della economia, con particolare riferimento al settore edilizio e garantendo altresì una generale riqualificazione del patrimonio immobiliare del Paese. Ma quella che è una profittevole opportunità nasconde, al tempo stesso, svariati profili di rischio in termini di responsabilità penale. L’ipotesi più intuibile e, per certi versi, ovvia è quella di un ottenimento del Superbonus senza la sussistenza dei requisiti per averne diritto, magari con la compiacenza e la correità dei professionisti e dei tecnici coinvolti nella relativa procedura.
Elemento chiave saranno le fatture emesse in corso d’opera. Criticità qualitative o quantitative nella compilazione delle fatture emesse, ad esempio, da parte del fornitore o del professionista attestatore potrebbero condurre alla contestazione di reati tributari.
Variegate sono le situazioni che possono immaginarsi, quali l’indicazione di un valore di intervento “gonfiato” in fattura, la fatturazione di costi “maggiorati”, la discrasia nella intestazione della fattura (magari ad un soggetto, legittimato ad accedere al bonus, diverso da quello nella realtà effettivamente beneficiario dell’intervento). In tutti questi casi, potrebbero facilmente essere contestate fattispecie di falsa fatturazione, oggettiva o soggettiva, totale o parziale. Ciò, tanto sul versante della emissione della fattura falsa (art. 8 D.lgs. 74/2000),quanto su quello del suo utilizzo in dichiarazione (art. 2 D.lgs. 74/2000). La situazione potrebbe, in un certo senso, aggravarsi o comunque ampliarsi laddove le autorità inquirenti dovessero ritenere di contestare anche ipotesi di truffa ai danni dello Stato, astrattamente configurabili in un caso del genere.
Particolare attenzione dovrà essere posta anche sui visti di conformità della documentazione necessaria ai fini della cessione del credito. Si tratta, dunque, di un aspetto che interessa soprattutto i professionisti, quali dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro o responsabili dei centri di assistenza fiscale). Eventuali anomalie sul punto, infatti, potrebbero integrare gli estremi di falsità ideologiche.
Ancora, il contribuente che si avvalga, fraudolentemente, di documenti “falsi” per ottenere, ovviamente in modo illegittimo, il beneficio fiscale del Superbonus, potrebbe anche esser chiamato a rispondere del delitto di frode fiscale di cui all’art. 3 del D.Lgs. 74/2000.
La normativa – si tenga presente – è ancora in evoluzione nel momento in cui questo articolo viene scritto. È pertanto possibile che il quadro dei potenziali rischi penali si modifichi nuovamente.
Traendo le conclusioni: il Superbonus è una grande opportunità, ma occorre porre molta attenzione e cautela alla sua gestione, onde evitare profili di rischio non indifferenti.
Filippo Ferri per Forbes, aprile 2022
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