Truffa: anche il silenzio rileva come raggiro

Truffa: anche il silenzio rileva come raggiro

  • Viola Rattà

Nel contesto della truffa, è da notare la recente decisione della Corte di Cassazione penale n. 46209/2023 (del 16 novembre 2023) che ha esaminato la questione giuridica relativa alla possibilità e alle modalità in cui il silenzio può costituire un "raggiro" ai sensi dell'art. 640 del Codice penale.

Il caso coinvolgeva un medico ospedaliero in regime intra moenia, ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 640 c. 2 c.p. per non aver comunicato all'ente pubblico la sua attività professionale presso uno studio privato. Questo comportamento aveva indotto l'ente a corrispondergli uno stipendio maggiorato dell'indennità di esclusiva, presumendo che il rapporto si svolgesse regolarmente, nel rispetto delle norme contrattuali.

La Corte ha distintamente evidenziato la differenza tra il silenzio "inerzia", privo di significato in quanto mera mancanza di azione, e il silenzio "eloquente", che assume un carattere comunicativo o espressivo. Quest'ultimo tipo di silenzio nasconde un comportamento fraudolento preordinato ad ingannare l'altra parte contraente, distinguendosi così da una semplice inazione o stasi.

Nel valutare il rilievo del silenzio in situazioni specifiche, la Corte ha sottolineato che, se il silenzio è solo inazione, non può costituire un raggiro tipico e non è sufficiente per configurare la truffa. Al contrario, se il silenzio è apparente e cela un atteggiamento fraudolento intenzionato a ingannare l'altra parte, esso assume un significato comunicativo qualificato, diventando un comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa.

Citando quindi la Suprema Corte “la malizia artificiosa sotto forma di nascondimento di uno stato di fatto, determinato evidentemente dalle condotte attive del medico preesistenti alla omessa comunicazione, costituisce raggiro: il mero silenzio non può qualificarsi come meramente passivo in quanto l’omessa rilevazione di circostanze che il ricorrente aveva l’obbligo di riferire configura uno stato di fatto apparente, conseguenza diretta del preordinato inganno dell’agente nella prospettiva dell’induzione in errore della controparte”.

I principi affermati includono la distinzione tra la nozione di raggiro e quella di artifizio, sottolineando che il raggiro non coincide sempre con una condotta attiva come nell'artifizio. Infatti, il raggiro riguarda comportamenti ispirati all'astuzia e all'ingegnosità, mirati a sfruttare l'ingenuità o la buona fede altrui e a causare una rappresentazione erronea della realtà nel destinatario. Infine, il silenzio può essere considerato un raggiro solo quando si configura come un silenzio "eloquente", nascondendo un comportamento fraudolento specifico, piuttosto che un semplice silenzio inerte.

 

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